Per l’Alzheimer sarebbe stato scoperto un segnale, un avvertimento in grado di permettere una diagnosi precoce della malattia che potrebbe cambiare tutto.
Per le malattie neurodegenerative, come per l’alzheimer appunto, la diagnosi arriva solo dopo che i sintomi più gravi siano manifesti, condizione che non permette di intervenire.
I ricercatori hanno da sempre, per tali ragioni, provato ad individuare campanelli d’allarme, oggi, la scienza ha scovato un segnale fondamentale prima della comparsa della malattia.
Ecco cosa ci avverte dell’Alzheimer
La scoperta del gruppo di ricercatori del Max Delbrück Center di Berlino, in Germania, potrebbe aprire scenari completamente nuovi per quanto riguarda la cura dell’Alzheimer. La malattia neurodegenerativa, infatti, compare spesso in età avanzata e la sua diagnosi arriva solo dopo la comparsa dei sintomi più gravi, quando ormai, per la medicina non c’è più nulla da fare.
La scoperta, per queste ragioni, ha del sensazionale e potrebbe cambiare l’approccio della medicina nei confronti di questa grave malattia.
L’Alzheimer è una malattia neurodegenerativa progressiva che colpisce principalmente le persone anziane. Prendere consapevolezza di questa patologia è fondamentale per poter riconoscere i segni precoci e garantire un intervento tempestivo e adeguato.
L’Alzheimer, innanzitutto, prende il suo nome dal medico Alois Alzheimer, che per primo ha descritto la malattia nel 1906. È caratterizzata da un progressivo deterioramento delle funzioni cognitive, incluso il pensiero, la memoria e la capacità di ragionamento.
Le cause esatte dell’Alzheimer non sono ancora completamente comprese, ma si pensa che una combinazione di fattori genetici, ambientali e dello stile di vita possa contribuire allo sviluppo della malattia. I campanelli d’allarme dell’Alzheimer possono variare da persona a persona, ma esistono alcuni segnali comuni da tenere sotto controllo.
I primi sintomi di solito includono problemi di memoria a breve termine, difficoltà nella pianificazione e nell’esecuzione di attività quotidiane, confusione mentale e difficoltà di linguaggio. Questi, però, compaiono comunque quando la malattia è in uno stato avanzato.
Potrebbero verificarsi anche cambiamenti improvvisi dell’umore o della personalità, difficoltà di orientamento nel tempo e nello spazio, problemi di giudizio e decisione e perdita di interesse nelle attività precedentemente piacevoli.
La ricerca dei medici a Berlino
È importante sottolineare che questi segni possono anche essere presenti in altre condizioni mediche o nella normale fase di invecchiamento, ma se persistono o peggiorano nel tempo, è fondamentale consultare un medico per una valutazione approfondita. Una volta che una persona è stata diagnosticata con l’Alzheimer, la gestione della malattia si concentra principalmente sull’aiutare il paziente a mantenere la sua qualità di vita il più possibile.
Ciò può includere l’assunzione di farmaci specifici per rallentare la progressione della malattia, nonché l’adozione di strategie per affrontare i sintomi quotidiani. Queste strategie possono includere il coinvolgimento in attività che stimolano la mente, l’implementazione di routine e la fornitura di un ambiente sicuro e strutturato.
La famiglia e i caregiver svolgono un ruolo fondamentale nel supportare e assistere le persone affette da Alzheimer. La comprensione della malattia, delle sue sfide e della comunicazione efficace può aiutare a mantenere una connessione emotiva con il paziente e fornire il supporto necessario. Un altro aspetto importante da considerare è la prevenzione dell’Alzheimer.
Non esistono misure preventive totalmente efficaci, ma vivere uno stile di vita sano può ridurre il rischio di sviluppare la malattia. Mangiare una dieta equilibrata, fare attività fisica regolare, mantenere un livello di stress basso, dormire a sufficienza e stimolare la mente con attività intellettuali possono contribuire a mantenere il cervello sano e attivo.
La ricerca condotta dall’equipe di medici del Max Delbrück Center di Berlino assume, dunque, una importanza fondamentale. Ci sarebbe, infatti, una variazione nell’espressione proteica in topi affetti da Alzheimer, in cerca di specifici indicatori che segnalino la presenza della malattia.
In particolare è la proteina Arl8b, i cui livelli cerebrali risultano alterati nei modelli animali affetti dalla malattia. La sua espressione, inoltre, risulta aumentata nel liquido cerebrospinale di pazienti malati.